Newsletter n.5
Rosa Anna Corsaro
- Dettagli
- Scritto da Marco Cirilli
Nome: Rosa Anna Corsaro
Anni: 57
Qualifica: Prima ricercatrice
Campo di attività: Vulcanologia e petrologia
Il richiamo de “A muntagna” ha catturato anche lei. Rosa Anna Corsaro, cresciuta alle pendici dell’Etna, ci racconta la sua vita a 360 gradi toccando numerosi temi sia personali che non. Dalla passione per il cucito, il ricamo e l’uncinetto alle difficili scelte delle donne nel mondo del lavoro. Il ritratto che ne emerge è di una ricercatrice, di una donna appassionata e positiva, un mix senza dubbio fondamentale per affrontare la vita di oggi.
Cosa o chi ti ha avvicinata al mondo della vulcanologia?
Non ricordo eventi o persone specifiche che abbiano influito in tal senso. Credo il fatto di essere nata a Catania, dove l’Etna è parte integrante di una scenografia naturale, sia stata la condizione che ha destato in me curiosità. “A muntagna”, come si chiama da noi, è una presenza che accompagna tutta la vita di chi vive alle sue pendici. Ricordo che alla fine del liceo questo interesse si è concretizzato nella lettura di materiale divulgativo che riguardava l’Etna e altri vulcani del mondo.
Da bambina cosa sognavi di diventare “da grande”?
Volevo gestire una smacchiatoria. Ero alle elementari e ricordo come se fosse ieri che la proprietaria della smacchiatoria sotto casa aveva delle unghie laccate rosse che picchiettavano sulla carta con cui avvolgeva gli abiti. Ancora oggi ricordo il rumore. Ero affascinata da questa persona, di cui però non ricordo il viso, e volevo essere come lei.
Che materie ti appassionavano a scuola?
Geografia astronomica e storia dell’arte. Ma della scuola superiore ricordo con passione soprattutto le assemblee e le infinite discussioni che le precedevano. Ho fatto il liceo alla fine degli anni 70, quando ci sentivamo un po’ tutti impegnati a cambiare il mondo. Un ricordo bellissimo di quell’entusiasmo!
C’è un momento in particolare che ricordi di quell’entusiasmo?
Il ricordo del cortile della scuola che si riempiva di studenti che parlavano, mangiavano, scherzavano con il piacere di stare insieme e alcuni anche con la voglia di cambiare il mondo!
C’è stato un “mito” di riferimento a cui ti sei ispirata?
Mi ha sempre molto colpito la figura di Marie Curie. Una delle poche scienziate che sono arrivate ad eccellere, nonostante la vita non le abbia risparmiato difficoltà e dolori. Un grande esempio di forza. Noi donne forse dovremmo ispirarci un po’ di più a queste figure di riferimento. Se infatti è vero che il contesto sociale non ci aiuta a raggiungere le posizioni apicali nella stessa misura degli uomini, credo che dovremmo aumentare la nostra autostima e non rinunciare a priori a ruoli o incarichi oggettivamente impegnativi.
Sono d’accordo, spesso si tende solo a parlare del contesto sociale… Invece capita spesso che una donna rinunci a una posizione lavorativa importante. Cosa porta a fare questa scelta secondo te? Ci sono altri fattori?
Io credo che il contesto sia il freno principale. Intendo dire che nel nostro modello sociale la cura di figli, casa e, aggiungo, anziani, sia ancora a carico prevalentemente delle donne. Queste ultime spendono dunque una parte delle risorse fisiche e mentali in attività extra-lavorative e scopro l’acqua calda dicendo che la conciliazione della sfera lavorativa e familiare è complicatissima. Politiche sociali che aiutino in generale la famiglia sono dunque indispensabili per consentire alle donne non solo di essere bravissime studentesse e lavoratrici, ma di raggiungere anche le posizioni apicali. A ciò però si aggiunge il fatto che noi donne spesso non ci stimiamo e ci sottraiamo anche al solo pensiero di potere ricoprire ruoli impegnativi, evitando di metterci in gioco. Ma sicuramente le bambine di oggi quando saranno adulte avranno di sé e della propria preparazione una maggiore consapevolezza e confido dunque in un futuro poco alla volta sempre più “rosa”.
Dove ti sei laureata e che ricordi hai del tuo percorso universitario?
Mi sono laureata a Catania e ho un ricordo molto sereno della mia vita universitaria e degli anni del dottorato di ricerca che ho conseguito sempre presso la stessa Università. Ho tuttavia il rammarico di non avere utilizzato quegli anni per uscire dal “guscio” catanese e conoscere altre realtà, soprattutto estere. Se è vero che io all’epoca non ho compreso l’importanza di questa esperienza, va comunque detto che chi mi seguiva avrebbe potuto consigliarmi in tal senso e sollecitare la mia curiosità. Purtroppo non è stato così e ritengo che sia una lacuna della mia esperienza lavorativa. Per fortuna oggi i giovani in formazione hanno a disposizione tanti strumenti per fare esperienza presso strutture di ricerca all’estero.
Il momento più emozionante della tua carriera?
Sicuramente nel 2003, quando ho firmato il contratto da ricercatore presso l’INGV. Gli anni che sono passati dalla laurea a questo momento sono stati parecchi. Li ho impegnati da una parte a migliorare la formazione scientifica con borse di studio e, dall’altra, a fare concorsi e conseguire abilitazioni che, in caso di fallimento della carriera scientifica, sarebbero stati il mio scudo lavorativo protettivo. Risultato: una gran fatica associata spesso a sconforto. Quando sono diventata ricercatrice ho veramente toccato il cielo con un dito per l’immensa soddisfazione.
Invece il momento più emozionante nella tua vita privata?
Quando sono nati i miei figli Matteo e Sara che sono gemelli e oggi hanno 27 anni. La gioia allora è stata velata da una nascita prematura che li ha costretti a due mesi in incubatrice. Ma la felicità è esplosa quando sono rientrati a casa.
Cosa pensi che saresti diventata se non avessi fatto la ricercatrice?
Forse un architetto o mi sarei inventata un’attività per vendere le mie creazioni: mi diletto con cucito, ricamo, uncinetto, decoupage, patchwork… e sono pure bravina.
Quando è nata la passione per questo hobby?
Quando ero bambina, durante le vacanze estive in campagna, al risveglio, trovavo mia mamma che già ricamava al telaio. Premetto che era una insegnante di lettere, ora 87enne, e vederla passare dalla correzione dei compiti con la matita rossa e blu al ricamo mi stupiva proprio. Realizzava ricami a colori bellissimi e ancora oggi uso molte delle cose realizzate da lei. Io però mi sono appassionata a tal punto che sono andata oltre: mi sono documentata e da autodidatta ho cominciato a maneggiare uncinetti, aghi da calza, cartoncini, colori, colla vinilica... Oggi continuo ad imparare tramite internet che è uno scrigno pieno di tutorial dai quali scaturiscono sempre idee nuove.
Da quanto tempo sei all’INGV?
Come dipendente di ruolo, dal 2003. Ma ho fruito di diverse borse di studio sin dal 1996
Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa?
Ora più che mai mi lavo le mani e accendo la televisione.
Come hai vissuto questo periodo di lockdown?
Con senso di responsabilità perché ho realizzato che, pur non essendo personale sanitario, potevo contribuire con il mio comportamento a contenere la diffusione del Covid-19. Penso che questa motivazione sia stata importante per superare i momenti down legati alla privazione della libertà, all’ansia per la salute dei figli che studiano fuori (a Milano e a Monaco), alla mancanza di rapporti con familiari e amici, alla gestione di una modalità lavorativa mai sperimentata prima.
Qual è, secondo te, la scoperta scientifica che cambierebbe la storia della vulcanologia?
Più che una scoperta penso al raggiungimento di un obiettivo: integrare l’enorme mole di dati che vengono acquisiti su ciascun vulcano attivo in un modello comprensivo che abbia l’ambizione di comprenderne il funzionamento. Ciò consentirebbe alla vulcanologia di fare veramente una salto di qualità nell’individuazione di fenomeni precursori dell’attività eruttiva, e avrebbe un’importanza cruciale per la previsione e la mitigazione del rischio vulcanico.
Una città che hai visitato che ti è rimasta nel cuore e una in cui hai sempre sognato di trasferirti?
San Francisco, una città splendida.
Quali sono stati i tuoi viaggi più belli?
Quello che ricordo con più piacere è del 2008 quando con marito e figli abbiamo percorso la ring road dell’Islanda in auto, pernottando in ostelli. Abbiamo scoperto un’isola vulcanica straordinaria con paesaggi e bellezze inimmaginabili anche per me che dovrei essere abituata all’ambiente vulcanico.
Ti ha sorpresa anche qualcos’altro dell’Islanda oltre ai meravigliosi paesaggi?
Sinceramente gli spazi aperti con scarsa vegetazione e il silenzio della natura sono il ricordo più forte.
Cosa ti sarebbe piaciuto scoprire, tra le scoperte del passato?
La stampa. Ha rivoluzionato la diffusione della conoscenza. Così come oggi l’uso di internet.
Qual è il tuo X-Factor?
La volontà che mi ha sempre aiutato a rialzarmi dopo le frequenti cadute personali e lavorative.
Quanto è importante sapersi rialzare? Cosa è stato fondamentale per te per riuscire a farlo?
È fondamentale perché la vita comunque va avanti ed è giusto cercare di viverla bene, se non ci sono ostacoli oggettivamente insormontabili. Mi ha sempre aiutato il pensiero che i problemi non li ho solo io. Basta guardarsi attorno e parlare con gli altri. Ognuno ha le sue difficoltà. Quindi…avanti!
Ti piace lo sport?
L’atletica leggera. Ma seguo solo le grandi manifestazioni. Non sono una dipendente da informazione sportiva.
Ne hai mai praticato qualcuno?
Sempre in maniera amatoriale: pallavolo e nuoto. Negli ultimi anni sono felicissima di praticare pilates e appena posso cammino.
Ascolti musica?
Si, spesso.
Qual è il tuo genere preferito?
Dai cantautori italiani che hanno accompagnato la mia adolescenza, alle rock band inglesi. I miei preferiti sono gli U2. Negli ultimi anni ho iniziato ad ascoltare musica sinfonica e devo dire che la sto apprezzando sempre di più: il romantico Beethoven è il mio preferito.
Libro preferito?
Non sono una grande lettrice di libri, per cui mi sono realmente stupita della dipendenza da lettura che mi ha creato “L’amica geniale” di Elena Ferrante. Non si può smettere se non si finiscono di leggere tutti e quattro i volumi.
Se dovessi ricordare un tuo “primo giorno” quale ricorderesti?
Quando mi sono svegliata a casa nuova dopo essermi sposata. Ricordo chiaramente ancora oggi la sensazione che iniziava una realtà diversa, da esplorare. Ero un po’ preoccupata, ma sostanzialmente contentissima.
Cosa fai quando non sei a lavoro?
Appena posso passeggio, sento i miei familiari e gli amici, mi dedico a qualche hobby.
Hai un posto del cuore?
Una casetta circondata dal vigneto che abbiamo a Viagrande, un paese alle pendici dell’Etna.
La tua maggior fortuna?
Avere attorno persone che mi vogliono bene
Averne attorno tante vuol dire che si sta facendo qualcosa di importante per loro…non credi?
Non credo di averne tante intorno. Ma mi bastano e sono sicura che il bene è reciproco.
Nella tua valigia non può mai mancare?
Le pillole e l’ombrello.
In cucina sei più da dolce o da salato?
Dolce sicuramente.
Piatto preferito?
I profitteroles con la ricetta di mia suocera Sasà che era una grande cuoca.
Ti piace cucinare?
Abbastanza. Invece mi piace molto quando si creano le condizioni per farlo insieme ai miei figli. Studiano fuori e purtroppo non è una condizione molto frequente.
Una cosa che hai capito “da grande”?
Che nelle situazioni conflittuali allentare un poco la presa e talvolta fare un passo indietro è un punto di forza. Da ragazza pensavo che invece fosse una rinuncia da perdente.
Cosa conservi della tua infanzia?
Il ricordo di estati lunghissime che passavo a villeggiare in campagna e al mare tra gli scogli di Acitrezza. Quando si inizia a lavorare la vacanza è sempre contingentata in ferie e non dà più la stessa sensazione di libertà assoluta.
Ultima domanda: qual è la canzone che non smetteresti mai di ascoltare?
“With or without you” degli U2. La profondità della voce di Bono, soprattutto nella parte iniziale del pezzo…non ha uguali!