Newsletter n.2
La crisi sismica del 1783 e gli tsunami che colpirono la Calabria e la Sicilia
- Dettagli
- Scritto da Francesca Pezzella
Nel febbraio del 1783 la Calabria e la Sicilia furono colpite da una delle più lunghe crisi sismiche del nostro territorio. Tutto ebbe inizio il 5 febbraio, con un forte terremoto in Calabria, a cui ne seguirono molti altri nei tre anni successivi. Alcuni eventi sismici provocarono degli tsunami che causarono vittime e danni considerevoli.
Le coste italiane sono soggette al rischio maremoto e questi eventi storici lo dimostrano.
Per saperne di più abbiamo intervistato Lorenzo Cugliari e Laura Graziani, ricercatori del Centro Allerta Tsunami dell’INGV che ci hanno descritto gli eventi del 1783 e alcune delle attività portate avanti dal CAT.
Laura, il 5 febbraio 1783 in Calabria e in Sicilia ebbe inizio una tra le più gravi e lunghe crisi sismiche degli ultimi duemila anni. Cosa accadde in quel periodo?
Il 5 febbraio del 1783, alle 12:00, la Calabria fu colpita da un forte terremoto. Questo evento diede inizio ad uno dei periodi sismici più lunghi e disastrosi della storia italiana che durò più di tre anni; di fatto, la sequenza sismica del 1783-84 è tra le più importanti sequenze sismiche italiane.
In circa due mesi si verificarono cinque forti terremoti - il 5 febbraio, il 6 febbraio, il 7 febbraio, il 1° marzo e il 28 marzo 1783 - che devastarono la Calabria, tra Reggio Calabria e Catanzaro, e parte della Sicilia nord-orientale.
Gli eventi sismici hanno dato origine a degli tsunami, seppure di diversa entità. Certamente i più distruttivi furono quelli del 5 e 6 febbraio.
I terremoti furono quindi seguiti, in alcuni casi, da tsunami. Le fonti storiche descrivono questo fenomeno?
Sì, è interessante leggere nei documenti a noi giunti come la sequenza sismica, e i due conseguenti tsunami, suscitarono grande interesse nelle comunità di scienziati e studiosi, sia italiani sia stranieri, che si recarono sul campo per effettuare osservazioni dirette e documentare gli effetti. Ne risultò una vasta quantità di relazioni, cronache, opere e mappe che rappresentano la devastazione e che oggi costituiscono una preziosa fonte di informazioni, sia per lo studio di questa sequenza sismica che per lo studio degli tsunami ad essa associati.
Michele Sarconi (1784) e Giovanni Vivenzio (1788) descrissero con particolare minuzia, nelle loro opere, gli effetti causati dagli tsunami sulle coste, in particolar modo gli effetti prodotti dallo tsunami che il 6 febbraio colpì il tratto di costa tirrenica tra Scilla e Bagnara Calabra.
I primi interventi arrivarono circa dieci giorni i primi terremoti di febbraio; questo a causa dei carenti mezzi di comunicazione, della distruzione causata dai terremoti che rese inagibili le poche vie di comunicazione a disposizione, e della controversa figura di re Ferdinando I di Borbone che si mostrò scarsamente efficace nella gestione degli interventi post sisma in quello che sarebbe stato di lì a poco Regno delle Due Sicilie. Ferdinando di Borbone, in fuga verso la Sicilia dai territori pontifici, il 15 febbraio 1783 (dieci giorni dopo il primo terremoto) nominò vicario generale delle Calabrie, il conte Francesco Pignatelli di Strongoli con il compito di rispondere alle prime necessità dei territori.
Quali aree furono maggiormente danneggiate dai terremoti? E dagli tsunami?
Gli epicentri dei cinque principali terremoti sono stati localizzati tra le province di Reggio Calabria (dove la sequenza sismica ebbe inizio), Vibo Valentia e Catanzaro.
Danni ingenti e diffusi furono causati dalla magnitudo elevata dei terremoti e favoriti dalla scarsa qualità dei manufatti. Autori coevi descrivono effetti impressionanti sull’ambiente: mutamenti del corso dei fiumi, formazione di pozze d’acqua, frane di grandi dimensioni ed effetti di liquefazione del suolo.
Questi effetti furono osservati principalmente tra la piana di Gioia Tauro e l’Aspromonte, come descritto in un articolo nel Blog INGVterremoti. Illustrazioni storiche ritraggono stravolgimenti naturali estesi in tutto il territorio calabro da Reggio Calabria al cosentino (a nord).
Come detto gli tsunami più distruttivi furono quelli del 5 e del 6 febbraio.
Il 5 febbraio il mare iniziò a ritirarsi subito dopo il terremoto e, in seguito, le onde di tsunami colpirono le province di Messina (in particolare la località di Torre Faro) e Reggio Calabria (tra Scilla e Cenidio, oggi Faro Punta Pezzo in località Villa San Giovanni) che vennero inondate per tre volte nel giro di 10/15 minuti.
Nei resoconti si legge che in alcune località il mare si ritirò lasciando i pesci in secco, a Messina l'acqua inondò le banchine del porto distruggendole, anche il Teatro Marittimo e gli edifici vicini furono inondati.
Il terremoto del 6 febbraio avvenne durante la notte, fu meno forte del terremoto del giorno precedente, causò gravi danni a Messina e a Scilla ed innescò un'enorme frana lungo la scogliera occidentale del Monte Campallà a Scilla. Questa, cadendo in mare, generò un disastroso tsunami.
A Scilla, la maggior parte della popolazione, spaventata dalle scosse del giorno precedente, si era accampata sulla spiaggia e nella notte venne sorpresa dalle onde di tsunami. Persero la vita circa 1500 persone. Le onde colpirono successivamente anche le coste adiacenti lo stretto di Messina.
La zona interessata da questa sequenza di fenomeni (terremoti e tsunami), non è nuova a tali eventi. Perché?
L’area che comprende la Calabria e la Sicilia orientale è una zona sismicamente molto attiva. In passato è stata interessata da numerosi forti terremoti, alcuni dei quali capaci di generare tsunami. È proprio in quest’area che si sono verificati gli tsunami italiani più distruttivi, quello del 1908, del 1905, nel 1693, oltre a quelli di cui abbiamo appena parlato del 1783, tutti generati da forti terremoti.
Lorenzo, i numerosi tsunami storici ci ricordano che per le coste italiane esiste il rischio maremoto. La popolazione, secondo te, ne è a conoscenza?
Purtroppo non a sufficienza. Questo emerge dall'indagine sulla percezione del rischio tsunami, iniziata nel 2018 e giunta nel 2021 alla terza rilevazione, che ci ha permesso di approfondire i vari aspetti della conoscenza del tema e di comprendere quanto e come la popolazione che vive nei comuni costieri percepisce il rischio tsunami.
I risultati dell’indagine evidenziano una scarsa conoscenza degli tsunami sia come fenomeno che come tipologia di rischio.
I fattori che entrano in gioco quando parliamo di conoscenza di un fenomeno come gli tsunami sono: l’informazione, l’apprendimento e l’esperienza. Questi tre aspetti sono direttamente connessi alle fonti attraverso cui l’individuo apprende (dirette o mediate, istituzionali o informali) e all’esperienza (diretta o indiretta)
Per questo, uno degli obiettivi della ricerca è raccogliere dati che contribuiranno ad intraprendere azioni di protezione civile e di comunicazione del rischio tsunami, dando la giusta importanza al linguaggio comunicativo.
Ci auspichiamo che il percorso intrapreso conduca ad una migliore conoscenza del fenomeno e a comprendere che anche tsunami di dimensioni “minori” possono costituire un rischio non sottovalutabile.
Laura, il Centro Allerta Tsunami dell’INGV è anche impegnato nello studio della percezione del rischio tsunami. Quali sono le popolazioni studiate e i principali risultati?
L’indagine sulla percezione del rischio tsunami fornisce dati statistici, metodologicamente affidabili e ripercorribili, su varie tematiche inerenti la popolazione.
Le sezioni che compongono il questionario inquadrano l’intervistato nel contesto territoriale e socio-demografico di appartenenza; questo ci permette di approfondire macro e micro tematiche come la conoscenza del fenomeno tsunami, la percezione contestualizzata di tale rischio, le rappresentazioni sociali connesse alle fonti di informazione e gli atteggiamenti culturali correlati al rischio tsunami.
Si tratta della prima indagine di questo tipo nel contesto Euromediterraneo di riferimento e, per numerosità del campione raggiunto nell’ultima rilevazione, tra le più importanti ricerche community based sul tema a livello internazionale.
In tre fasi di somministrazione del questionario abbiamo raccolto 5.842 interviste telefoniche e, nell’ultima rilevazione, una versione adattata del questionario è stata somministrata ad un campione rappresentativo dell’intera popolazione nazionale composto da 1.500 rispondenti (TelePanel). Per scelta abbiamo deciso di somministrare il questionario a partire dalle regioni che hanno una maggiore pericolosità da tsunami: Sicilia, Calabria e Puglia, per poi passare alla Basilicata, Campania, Molise, Lazio e Sardegna.
Sintetizzando, senza voler sminuire alcun aspetto, gli output dell’indagine hanno evidenziato che la percezione dei residenti nei comuni costieri oggetto di studio è diffusamente bassa, mentre il versante tirrenico e ionico mostrano percentuali maggiori di percezione.
Lorenzo, per concludere. Prevedete delle attività dirette ai cittadini per mitigare il rischio tsunami?
Certamente. In questi ultimi anni si è data molta attenzione alle iniziative che prevedono il coinvolgimento diretto dei cittadini, tanto sul piano internazionale quanto sul piano nazionale.
Il Centro Allerta Tsunami nasce come servizio strettamente connesso alle attività di Protezione Civile, per questo la comunità è il fulcro attorno al quale ruota il modus operandi del CAT.
Una popolazione consapevole del rischio tsunami è una popolazione che ha appreso le corrette informazioni e conoscenze attraverso un percorso multidisciplinare e riesce a metterle autonomamente in atto in situazione di emergenza. A tal proposito il CAT è impegnato, in coordinamento con il Dipartimento della Protezione Civile nazionale, nello sviluppo di strategie che implementano l’ultimo-miglio (last-mile strategies) non solo dal punto di vista tecnologico per la disseminazione dell’allerta ai cittadini, quanto dal punto di vista della preparazione degli stessi che, attraverso attività di formazione e informazione reiterate, decodificano il messaggio di allerta adottando comportamenti consoni.
Prima tra le iniziative che coinvolgono direttamente i cittadini nel percorso di mitigazione del rischio tsunami è Tsunami Ready. Un programma, nato sotto l’egida dell’UNESCO, volto a promuovere la preparazione delle comunità costiere al rischio tsunami come collaborazione attiva tra le organizzazioni governative per la gestione delle emergenze, le amministrazioni locali e i cittadini. Il programma prevede il coinvolgimento volontario dei Comuni costieri, che, attraverso il raggiungimento di 12 indicatori, porteranno il Comune ad aggiudicarsi il riconoscimento da parte dell’UNESCO di comunità Tsunami Ready.
Per approfondire – Link all’articolo sul Blog INGVterremoti
https://ingvterremoti.com/2021/02/05/5-e-6-febbraio-1783-gli-tsunami-in-calabria-e-sicilia/