Geologa, analista e “maestra”, così la chiamano i colleghi dell’INGV, Anna Nardi è la figura di riferimento nella formazione del personale turnista della sala di Sorveglianza Sismica e Allerta Tsunami di Roma, dove vengono registrati gli eventi sismici… e non solo! A volte, infatti, le stazioni della Rete Sismica Nazionale rilevano segnali di origine differente che vengono successivamente analizzati e inseriti in un catalogo chiamato Bollettino Sismico Italiano. Abbiamo intervistato Anna Nardi per saperne di più su questi eventi non collegati ai terremoti.
Cos'è il Bollettino Sismico Italiano?
Perché il BSI è uno strumento importante?
La Rete Sismica Nazionale Integrata è composta da circa cinquecento stazioni e proprio questa densità permette di rilevare non solo terremoti molto piccoli ma anche altri segnali associati ad eventi di origine diversa, sia antropica sia naturale. Il lavoro svolto dagli analisti sismologi è prezioso perché permette di discriminare, attraverso una analisi molto accurata, questi eventi da quelli di natura tettonica che comunque vengono localizzati e inseriti nel Bollettino Sismico Italiano. È sbagliato pensare che la successione di segnali apparentemente confusa di una registrazione sismografica di un “non terremoto” sia di poco interesse: sul sismogramma, quelli che sembrano segni privi di significato descrivono, per l’osservatore esperto, una frana, l’attività di un vulcano piuttosto che di un cementificio o quella estrattiva, come gli scoppi in cava per esempio.
Abbiamo parlato di sismogrammi, cosa sono?
Un sismogramma è un grafico risultante dalle registrazioni fatte da uno strumento, detto sismografo, e può rappresentare lo spostamento, la velocità o l'accelerazione del suolo in funzione del tempo: in altre parole è la registrazione delle oscillazioni del terreno provocate dal passaggio delle onde sismiche, prodotte da sorgenti naturali o artificiali. Nel corso degli anni i modi con i quali si ottengono queste registrazioni sono cambiati e si è passati dai sismogrammi tracciati su carta affumicata alle registrazioni su
Cosa ci dice un sismogramma?
Interpretare un sismogramma è un’operazione molto interessante: all’interno di una registrazione, infatti, è presente tutta una serie di informazioni, in particolare sulla sorgente, sul mezzo attraversato e sullo strumento. Per quanto riguarda gli eventi sismici, essi producono delle onde che si generano nella zona in profondità – ipocentro, dove avviene la rottura delle rocce della crosta terrestre. Queste onde si propagano quindi dal punto di nucleazione della rottura in tutte le direzioni fino in superficie e in questo modo vengono registrate dai differenti sensori installati nei siti di stazione di una rete di monitoraggio. Nel sismogramma che ne consegue è possibile distinguere diversi tipi di onde, come quelle P, dette anche primarie, che vibrano parallelamente alla direzione dell’onda e sono le più veloci tra le onde sismiche, quindi sono le prime ad essere registrate. Successivamente vengono registrate altre onde di volume, le onde secondarie, note anche come onde s, che vibrano perpendicolarmente alla direzione dell’onda e non si propagano nei liquidi; bisogna comunque sempre tener presente che il tempo di propagazione è differente a seconda del materiale attraversato. Nel sismogramma si possono tuttavia trovare anche informazioni che non sono collegate ad eventi sismici e che, a volte, possono trarre in inganno. Attraverso l’esperienza acquisita e maturata negli anni un analista sismologo riesce a discriminare questi eventi di diversa tipologia e natura.
Nei sismogrammi quindi si trovano anche segnali che non sono collegati al terremoto. Di che tipo di eventi si tratta?
Oltre al consueto rumore antropico che può derivare da sorgenti stazionarie, tipo ferrovie e autostrade, possiamo trovare all’interno delle registrazioni tutta una serie di fenomeni che esprimono la vitalità della terra, come il vento, i tuoni, il movimento dei fiumi, dei laghi, del mare, il così detto rumore microsismico di fondo. Tra le sorgenti naturali, oltre a quelle tettoniche e vulcaniche, troviamo i fenomeni franosi, che nel sismogramma presentano particolari caratteristiche come quella di restituire una registrazione particolarmente lunga, cioè di durata anche di alcuni minuti. Quando si verificano frane da crollo, specialmente se in presenza di piani molto inclinati e di un importante quantitativo di materiale interessato, il sismogramma assume una forma piuttosto simmetrica, un segnale armonico “a salsicciotto”, dove è possibile distinguere le diverse fasi della frana e della sua messa in posto. Abbiamo poi le registrazioni collegate alle attività umane: mediamente negli ultimi dieci anni la percentuale di eventi di origine antropica rispetto a quelli di origine tettonica è stata annualmente tra il 2% e il 3% sul totale degli eventi analizzati e presenti nel BSI.
Quali sono questi eventi antropici che vi capita di registrare?
Tra gli eventi antropici troviamo gli
Quali sono le registrazioni che più ti hanno colpita in questi anni di analisi?
Sicuramente quelle legate all’identificazione dei siti e delle attività connesse ai test nucleari, cioè la discriminazione delle esplosioni nucleari sotterranee, ma, ancor di più, le registrazioni legate ad un evento particolarmente drammatico: la strage di Capaci, nel 1992, attentato durante il quale il Magistrato Giovanni Falcone venne assassinato con la moglie e tre agenti di scorta sull’autostrada Palermo-Trapani, a bordo di un’auto. Nell’attentato venne fatta esplodere una enorme quantità di tritolo che aprì una voragine nell’asfalto e questa esplosione venne registrata dai nostri sismografi, che ne tennero traccia. L’INGV venne chiamato a testimoniare nel processo che si tenne nel 1995 per fornire l’orario esatto dell’esplosione. È chiaro quindi come i terremoti siano solo una parte di tutti gli eventi che osserviamo nella sala di Sorveglianza Sismica e Allerta Tsunami dell’INGV di Roma e che non basta solo la teoria quando si tratta di discriminarli: oltre alla conoscenza ci vuole soprattutto tanta “esperienza sul campo”, quella che ti permette poi di acquisire il cosiddetto “occhio clinico”. Ed è questa esperienza che cerco di trasmettere ai futuri turnisti e analisti dell’INGV.
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