A tu per tu con Salvo Foti. Enologo, fondatore del consorzio I Vigneri, ispirato all'omonima antica "maestranza" fondata a Catania nel 1435
Se per un ricercatore l’Etna rappresenta un vulcano a elevata pericolosità, per Salvo Foti la “Montagna” è una fonte di vita e di ricchezza. Enologo etneo per eccellenza, collaboratore di molte tra le più importanti aziende vitivinicole della Sicilia, ma anche scrittore e ricercatore, Salvo Foti è un profondo e attento conoscitore del territorio. Col suo libro “Etna - I vini del Vulcano”, ci guida alla scoperta dell'Etna partendo dai racconti mitologici per arrivare alla produzione del nettare degli Dei, fino alla profonda interazione tra il vulcano e le tecniche di vitivinicoltura.
Quali sono le difficoltà che deve affrontare un enologo etneo?
Indubbiamente il microclima particolarissimo della Montagna, unico in tutta la Sicilia, dovuto alla sua estensione dal livello del mare a Est fino ai 3340 m della vetta. Il versante nord è caratterizzato da cambiamenti climatici veloci e inaspettati con temperature invernali abbastanza rigide, quello a est risente della vicinanza del mare. Qui le precipitazioni sono abbondanti e raggiungono, in media, 1800 mm di pioggia all'anno. Nel 1995, annata eccezionale, abbiamo raggiunto 2500 mm. Solo la particolarità del terreno, formato per il susseguirsi di colate laviche e depositi di cenere e quindi molto drenante, insieme all'intensa esposizione solare garantita dalla tecnica di piantagione ad alberello, consente alla vite di vivere in questo ambiente. La variabilità del clima si sovrappone all’estrema variabilità pedologica diretta espressione della formazione del vulcano. Le radici delle piante incontrano terreni con una composizione minerale che può cambiare anche a distanza di pochi metri.
Quindi il sistema di coltivazione ad alberello rappresenta la sintesi del legame tra viticoltura e questo particolare territorio?
L'impianto dell'alberello etneo a quinconce soddisfa al tempo stesso le esigenze dell'ordine (la conta degli alberi), dell'economia dello spazio (le piante sono abbastanza vicine da sfruttare al massimo il terreno disponibile, ma non così vicine da nuocere le une alle altre) e dell'estetica della visione perché risulta simmetrico a prescinde dalla irregolarità delle terrazze. Inoltre la particolare disposizione degli alberelli, ai vertici di triangoli equilateri, la cui distanza uguaglia l'altezza della pianta, costringe la stessa a svolgere l'attività radicale a una maggiore profondità e così giovarsi dei costituenti minerali che si trovano negli strati più profondi del suolo. Inoltre garantisce alla vite la massima esposizione ai raggi solari, sia quelli diretti che indiretti, provenienti dalla rifrazione del terreno. Questo induce la pianta a una propria autonomia e ad un equilibrio che nel tempo risente sempre meno di repentini sbalzi climatici esterni, di drastiche lavorazioni o inadeguate concimazioni.
Ma le frequenti eruzioni e la conseguente dispersione delle ceneri, prevalentemente nel settore sud orientale, che effetto hanno sugli alberelli e sui frutti?
Sino ad oggi, per il fatto che si tratta di fenomeni saltuari e non particolarmente diffusi nei terreni oggetto di insediamento viticolo, non si sono mai registrati particolari problemi che potessero danneggiare le piante e/o la produzione vinicola. Solo pochissimi sporadici casi di necrosi su alcune foglie con danni irrilevanti. Quindi non c’è necessità di protezione. La cenere ha piuttosto proprietà fertilizzanti per il suolo.
Come viene contrastato il fenomeno erosivo dovuto alle intense precipitazioni che caratterizzano soprattutto la parte orientale dell'Etna?
Viene contrastato così come si è sempre fatto sull’Etna: con le terrazze a secco in pietra lavica. Un terreno incoerente come quello etneo, sabbioso, e con orografia molto accidentata, ha necessità di un contenitore adeguato. Il viticoltore etneo ha costruito, generazioni dopo generazioni, migliaia di chilometri di muretti con pietra a secco dalla perfetta geometria e armonia. Così come case, ricoveri per gli animali e Palmenti per la vinificazione delle uve prodotte. Nei secoli il paesaggio etneo è passato da un ambiente quasi lunare ad un giardino rigoglioso, produttivo e soprattutto perfettamente armonizzato nel suo ambiente naturale.
A proposito, cosa sono i Palmenti etnei?
Sono antichissime cantine di vinificazione in pietra lavica. La naturale pendenza e l’orografia accidentata del territorio etneo sono state sapientemente sfruttate, diventando una risorsa per la circolazione e la movimentazione del prodotto durante le fasi della vinificazione. Infatti, piano pigiatura, tini di fermentazione, zona torchiatura e cantina, si trovano ubicati a quote diverse e digradanti.
E al momento dell'assaggio, quali differenze si riscontrano nel vino prodotto lungo i diversi versanti dell'Etna?
I fattori più importanti che condizionano la produzione vitivinicola etnea sono: il versante di produzione, l’altitudine del vigneto, la matrice vulcanica del suolo, i vitigni coltivati, il sistema di coltivazione, il viticoltore etneo. Questi, nell’ambiente etneo, unico nel suo genere (è un nord nel sud) ha determinato una variabilità produttiva davvero sorprendente. Si possono produrre vini, siano essi bianchi, rossi, rosati e spumanti, che rappresentano gran parte del patrimonio enologico mondiale: si passa da vini bianchi da Carricante, contraddistinti da eleganza, finezza e con grado alcolico contenuto del versante est e sud-est, alla possanza, alcolicità e struttura dei vini rossi da Nerello Mascalese e Cappuccio della parte bassa del versante nord e sud, per continuare con la vivacità, freschezza e sobrietà dei vini prodotti ad altitudini più elevate nel versante nord.
Un vino dell’Etna avrà sempre una sua precisa identità, una caratteristica donata dal particolare terreno vulcanico, attraverso le profonde radici della vite: la mineralità, che lo rende di forte personalità, sempre elegante, anche con gradazioni alcoliche elevate, e armonico. Ma, riprendendo un passo del mio libro “LaMontagna di Fuoco” (Salvo Foti - La Montagna di Fuoco - Food Editore, Parma 2008), ….occorre tempo con questo monte che si chiama Etna per giungere ad afferrarne il significato complessivo. Esso e? un’opera di fantasia creativa, non un semplice vulcano. E? un ambiente in cui, il fuoco, la neve, il caldo, il freddo, il mare, si fondono (si potrebbe definire un concentrato di contraddizioni) e diventano energia di cui uomini, piante ed animali si giovano per esprimere la loro vitalità?.
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