Si osservano anche a grandi distanze dall’epicentro di terremoti di elevata energia e a volte possono anticipare le scosse di alcuni mesi. Ma poco ancora si sa di questi strani fenomeni luminescenti
L’enorme diffusione degli smartphone su scala planetaria e la possibilità di poterli utilizzare come strumenti immediatamente disponibili a documentare tutto quello che ci circonda, è oramai un dato di fatto. Georefenziato e sincronizzato, il video amatoriale può fornire preziose informazioni a chi tenta di comprendere un fenomeno così sfuggente e certamente non riproducibile intenzionalmente come quello delle luci sismiche. A dirla tutta, benché effimero, il fenomeno è noto da secoli: Plinio il vecchio, duemila anni fa, non si è di certo fatto sfuggire la ghiotta occasione di raccontare nella sua opera "Historia Naturalis" un evento luminoso, avvenuto durante il terremoto nei pressi di Modena dell’91 a.C. Il Medioevo, poi, è ricco di testimonianze scritte sull’argomento. Ma la loro consistenza è spesso a cavallo tra leggende e racconti enigmatici. Alla fine del ‘700 persino il filosofo tedesco Immanuel Kant si interessò all’argomento, conducendo ricerche sui fenomeni che precedono e accompagnano le scosse sismiche, anche con riferimento ai fenomeni luminosi. Arrivando ai tempi più vicini al nostro, per l’Italia è doveroso segnalare il valido sforzo fatto dal sacerdote e professore di scienze naturali Ignazio Galli per aver redatto nel 1910 una prima “classificazione dei fenomeni luminosi osservati nei terremoti”, come recita il titolo del suo lavoro ancora ampiamente citato negli articoli scientifici.
In tempi recenti, la letteratura del settore si è arricchita dei molti lavori di rassegna e di reportistica su questi fenomeni, osservati nelle varie parti del mondo in cui più frequentemente si verificano terremoti di magnitudo superiore a 5, come Canada, Messico, Grecia, Perù, Giappone, Nuova Zelanda e Italia (con i terremoti dell’Irpinia del 1930, del Friuli del 1976, di L’Aquila nel 2006 e dell’ultima sequenza Amatrice, Visso, Norcia nel 2016-2017).
L’8 settembre scorso a Mexico City molte persone hanno dichiarato di aver osservato (e in taluni casi anche registrato con video, già presenti sui social) luci sismiche in concomitanza al terremoto di magnitudo 8.2, nonostante fosse avvenuto a una distanza di oltre 700 km dall’epicentro, vicino Pijijiapan, nella regione del Chiapas.
Le diverse forme di fenomeni luminosi, contemplano globi luminosi di varia forma, colore e grandezza. Lampi per lo più bianchi o tendenti al blu, fasci di luce di vario spessore con luce molto intensa, nubi diffuse simili alle aurore con sviluppo orizzontale e simili a fiammelle. Stando alle testimonianze, tutti questi fenomeni si verificano dal basso verso l’alto.
Ogni approccio serio allo studio di questo fenomeno deve passare anche attraverso l’analisi dell’attendibilità delle fonti e della credibilità diretta dei testimoni e numero complessivo dello stesso fenomeno osservato da più luoghi e da più persone contemporaneamente. Altra verifica importante è escludere eventuali concomitanze a fenomeni legati alla meteorologia locale, come fulmini (benché la loro durata di 10-50 microsecondi sia di cinque ordini inferiore alla durata media delle luci sismiche di circa 0.5 secondi). Un controllo poi su possibili cortocircuiti dalle centrali di distribuzione elettriche e apparati connessi o di altri impianti ad alta tecnologia disseminati sul territorio, potrebbe eliminare i casi non ascrivibili al terremoto.
La strada sembra ancora lunga e tortuosa. Oltre l’ipotesi storica che richiama la generazione di campi elettrici intensi, creati da meccanismi piezoelettrici e piezomagnetici a seguito dei movimenti tettonici di rocce contenti quarzo, alcuni recenti modelli suggeriscono che la generazione delle luci sismiche possa coinvolgere la ionizzazione dell'ossigeno contenuto in alcuni tipi di rocce (dolomite, riolite, ecc.) a seguito dello stress prima e durante un terremoto. Gli ioni sarebbero in grado di attraversare strati di roccia, preferendo un cammino attraverso le fessurazioni interne alla roccia stessa, e una volta raggiunta l’interfaccia terreno – atmosfera, potrebbero addirittura ionizzare piccoli volumi di aria, trasformandoli in pacchetti di plasma emettenti luce. Alcuni esperimenti di laboratorio hanno confermato che specifici campioni di roccia innescano questo meccanismo di ionizzazione interna se sottoposti a elevate pressioni. Altre ricerche hanno, invece, evidenziato che la probabilità di generare luci sismiche possa dipendere dall'angolazione della faglia con un loro aumento nel caso di faglie subverticali o quasi verticali.
Riguardo, poi, alla locale alterazione del campo magnetico terrestre e della ionosfera nella regione sottoposta allo stress tettonico, tale fenomeno non sembra un effetto verificato per tutti gli eventi sismici e, pertanto, necessita di più approfondite indagini e riflessioni.