FATE PRESTO. Titolava così trentacinque anni fa Il mattino di Napoli, tre giorni dopo il terremoto del 23 novembre 1980 (magnitudo 6.9 - massima intensità X della scala MCS) che ha colpito una vasta area dell’Appennino meridionale, in particolare l’Irpinia e le zone adiacenti delle province di Salerno e Potenza. Particolarmente coinvolte, la zona delle alte valli dell’Ofanto e del Sele, con distruzioni gravi e diffuse a nord fino alle alte valli del Sabato e del Calore e a sud all’appennino lucano. ll terremoto ha provocato danni in quasi tutta la Campania, la Basilicata e parte della Puglia ed è stato risentito dalla Pianura Padana alla Sicilia. Per ricordare il disastroso terremoto del 1980 e capire come è cambiata la comunicazione e l’informazione scientifica in questi ultimi anni, lunedì 23 novembre l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), riconosciuto Ente formatore terzo per l’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ha voluto organizzare a Grottaminarda (AV), in collaborazione con l’Ordine Regionale dei Giornalisti della Campania, una giornata di formazione rivolta ai professionisti dell’informazione, presso la Sede Irpinia dell’INGV. Il titolo del corso è: "Terremoto dell'Irpinia del 1980 e rischio sismico in Campania: la corretta informazione scientifica e la deontologia professionale". L’entità degli effetti devastanti di quel terremoto si seppero parecchi giorni dopo, perché all’epoca non esisteva né un sistema di monitoraggio sismico che permettesse di localizzare e misurare l’energia del terremoto, né un’organizzazione stabile di Protezione Civile che contribuisse a diffondere le informazioni sull’impatto dell’evento.
Furono addirittura 15 i paesi quasi totalmente distrutti: Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Santomenna, Balvano, Calabritto, Caposele, Guardia Lombardi, Pescopagano, San Mango sul Calore, Senerchia, Teora e Torella dei Lombardi; 48 i comuni con danni gravi; 445 quelli con danni più leggeri. 2735 i morti accertati ufficialmente in Campania e Basilicata; circa 9000 i feriti e oltre 394.000 i senzatetto. “Da allora per fortuna molte cose sono cambiate in Italia sia per gli aspetti di sorveglianza sismica e di conoscenze sui terremoti, sia di comunicazione sugli eventi sismici che interessano il nostro territorio”, afferma Concetta Nostro, sismologa del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV. “La Rete Sismica Nazionale con le sue 350 stazioni ci permette oggi di determinare con precisione l’origine del terremoto (l’ipocentro) e la sua energia (la magnitudo) in pochissimi minuti. I dati che giungono alla sala di monitoraggio dell’INGV, attiva 24 ore su 24, 7 giorgni su 7, vengono analizzati in tempo reale dai sismologi e vengono diffusi via web, Twitter, Facebook, ecc. in meno di 30 minuti dall’evento. I dati delle localizzazioni automatiche (disponibili entro 5 minuti dal terremoto) vengono inviati agli organi di Protezione Civile, per consentire di guadagnare qualche minuto prezioso in caso di forte terremoto.”
Negli ultimi 10 anni la Rete Sismica Nazionale è migliorata notevolmente nel numero di stazioni sismiche, nella qualità degli strumenti e dei dati che vengono rilevati, grazie anche ad importanti investimenti del Dipartimento della Protezione Civile (DPC) e del Ministero della Ricerca (MIUR).
“Un contributo notevole nello sviluppo della Rete Sismica Nazionale nel centro sud-Italia è stato dato dalla Sede Irpinia dell’INGV che dal 2004 ha fortemente contribuito all’installazione di nuove stazioni sismiche e alla loro manutenzione. È possibile visualizzare l’evoluzione della rete di monitoraggio sismico dal 1980 in una story maps consultabile a questo indirizzo:
Riferimenti
Comastri A, Ferrari G, Guidoboni E, Mariotti D, Tarabusi G, Valensise G.(2007), CFTI4Med Catalogue of Strong Earthquakes in Italy (461 B.C.-1997) and Mediterranean Area (