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Donne nella fisica: intervista alla Professoressa Luisa Cifarelli
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- Scritto da Francesca Pezzella
Ogni esperienza comune e ogni fenomeno che spesso osserviamo distrattamente celano segreti che alla luce delle leggi della fisica diventano improvvisamente comprensibili e affascinanti. A questo fascino non ha saputo resistere la Professoressa Luisa Cifarelli: impegnata nella ricerca della fisica delle particelle elementari, ha iniziato la sua carriera al CERN di Ginevra e ha ricoperto negli anni prestigiosi ruoli come la presidenza del Centro Fermi – Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi e della SIF. Abbiamo avuto il grande piacere di intervistarla per conoscere il suo percorso e il suo rapporto con questa fantastica disciplina.
Professoressa, come è nata la Sua passione per la fisica?
La mia passione per la fisica è nata quasi per caso, da studentessa ero brava sia nelle materie letterarie sia in quelle scientifiche. Quando arrivò il momento di iscrivermi all’università, un amico di famiglia mi suggerì Ingegneria e l’idea mi piacque. La facoltà funzionava regolarmente anche se a Roma le proteste studentesche erano nel pieno e, nonostante fossi una delle pochissime donne, trovai un ambiente dove mi sentii perfettamente a mio agio. L’appuntamento con la fisica avvenne successivamente, quando conobbi il Professor Antonino Zichichi che mi parlò del corso di laurea in Fisica di Bologna. Mi iscrissi e così nacque la mia passione per questa disciplina. Preparai con lui la mia tesi di laurea al CERN di Ginevra e da lì ebbe inizio la mia carriera scientifica nella fisica delle particelle che mi portò a lavorare anche in laboratori con acceleratori come il DESY di Amburgo, in Germania.
Qual è il ramo di questa disciplina o la teoria che ancora oggi più la affascina?
Sicuramente la fisica fondamentale perché, a mio avviso, è una disciplina che permette libertà di pensiero e di giustificare tante curiosità, consentendo lo sviluppo della tecnologia che è alla base di tante applicazioni straordinarie. Mi piace ricordare una frase del già direttore generale del Cern Rolf-Dieter Heuer che diceva “I telefonini non cadono dagli alberi”, per sottolineare che dietro alle applicazioni tecnologiche ci sono secoli di ricerche fondamentali. Ecco, la fisica fondamentale è alla base dell’innovazione.
La fisica è considerata spesso la più difficile delle discipline, secondo Lei perché?
La fisica non si può imparare a memoria, deve essere compresa, per questo può sembrare difficile. Per capirla bisogna avere tanta curiosità, passione, voglia di andare a fondo nelle cose. Credo molto nell’importanza dei buoni maestri, spesso dietro persone che affermano di non aver amato in particolar modo la materia da studenti ci sono insegnanti poco accattivanti. Un buon maestro, infatti, è capace di trasmettere oltre alle nozioni anche la passione per la disciplina.
Che significato ha per Lei essere stata la prima Presidente donna della Società Italiana di Fisica?
Essere stata il primo presidente donna, per dodici anni, della SIF è stato un grande onore. La SIF è un'associazione non-profit che ha lo scopo di promuovere, favorire e tutelare lo studio e il progresso della Fisica in Italia e nel mondo. Nata intorno alla rivista “Il Nuovo Cimento” negli anni delle guerre d’indipendenza e del risorgimento, fu ufficialmente istituita a Roma nel 1897: i padri della Società sono stati grandi scienziati ma anche grandi patrioti. La SIF attribuisce molti premi su scala nazionale e internazionale e, oltre ad essere famosa per le pubblicazioni, fa parte di una consolidata tradizione che vuole che i migliori fisici ottengano un premio dalla società. Per quanto riguarda i premi conferiti, il più prestigioso è il Premio Enrico Fermi, attribuito a chi ha onorato la disciplina con le suo scoperte ed è stato istituito in occasione del centenario della nascita di Fermi.
Il bosone di Higgs venne teorizzato nel 1964 ma rilevato per la prima volta solo nel 2012 negli esperimenti condotti con l'acceleratore LHC del CERN. Perché c'è voluto così tanto per arrivare alla conferma sperimentale dell'esistenza della "particella di Dio"? Cosa significa il fatto che è stata provata la sua esistenza?
Ci è voluto tutto questo tempo perché via via che ci si addentra negli studi della fisica fondamentale si cerca di comprendere cose sempre più difficili che, per essere decifrate, necessitano della messa in campo di una enorme mole di dati, apparati estremamente sofisticati e macchine acceleratrici che per essere messi a punto impegnano decenni e il lavoro di migliaia di fisici, ingegneri e tecnici. È per questo che una particella come il bosone di Higgs è stata così difficile da rivelare, anche se ipotizzata da tempo da illustri fisici teorici. È stata un'impresa ragguardevole sia dal punto di vista tecnologico e sperimentale sia dal punto di vista concettuale, in quanto ha colmato uno dei tasselli mancanti del modello standard che spiega l'esistenza intima della materia di cui siamo fatti a livello dei costituenti elementari e chiarisce come questi costituenti della natura riescono ad acquisire massa. Una curiosità: il Nobel Leon Lederman affermò di aver dato al bosone di Higgs il nomignolo di “particella di Dio” sia perché cruciale per la comprensione della struttura della materia, sia per ragioni editoriali: inizialmente la chiamò particella maledetta (goddamn particle) perché così sfuggente e difficile da rivelare ma questo nome risultava sconveniente.
Come nasce il Museo Storico della Fisica e il Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi e quali sono le sue attività?
Il Centro Fermi fu fondato venti anni fa con una speciale legge per ridare l'edificio di via Panisperna, dove Enrico Fermi aveva condotto i suoi fondamentali studi ed esperimenti (questi ultimi alla guida del celebre gruppo dei “ragazzi di via Panisperna”), alla comunità dei cittadini e dei fisici. Nasce con un duplice fine: da un lato promuovere la ricerca interdisciplinare, per cui portiamo avanti studi che vedono l’applicazione di tecniche e metodi fisici avanzati in diversi settori: nell’indagine su materiali di interesse artistico e archeologico, e nel campo della diagnostica e terapia medica o nell’imaging funzionale del cervello, per esempio. Al Centro Fermi vengono anche affrontate le problematiche della fisica e dell’astrofisica fondamentale con approcci innovativi e tecnologie d'avanguardia. Vanto del Centro Fermi è infatti il progetto “EEE – La Scienza nelle Scuole”, un vero esempio della cosiddetta scienza cittadina, che coinvolge attualmente ogni anno circa 1000 ragazzi degli istituti secondari superiori in un grande esperimento di fisica astroparticellare, coniugando in maniera originale ed efficace la scienza e l’educazione dei giovani. Dall'altro lato, il Centro Fermi ha l’obiettivo di diffondere la cultura scientifica attraverso attività e studi legati alla storia della fisica, in particolare al fine di coinvolgere i visitatori alla scoperta della fisica dagli anni di Fermi ad oggi, anche attraverso l’istituzione del Museo dedicato al grande fisico. L’esposizione museale, realizzata in collaborazione con la Società Italiana di Fisica, mette in rilievo la straordinaria figura di Enrico Fermi e le sue grandi conquiste scientifiche, presentate con una chiave di lettura adatta al grande pubblico, compresi i giovanissimi.
Perché un genio come Enrico Fermi è più noto all’estero che in Italia, suo Paese d’origine?
Sono stati veramente pochi, nel mondo della fisica, i geni assoluti come Enrico Fermi, circa uno a secolo. L’illustre fisico italiano, che vinse il Nobel nel 1938, era un genio teorico ma anche sperimentale e le sue ricerche sulla radioattività artificiale prodotta dai neutroni hanno dato inizio alle scoperte che portarono allo sviluppo e al controllo dell'energia nucleare. Scienziati di questo calibro ce ne sono stati pochi, direi uno a secolo. Pensiamo a James Clerk Maxwell e ancor prima troviamo Isaac Newton e Galileo Galilei. Ecco, Galilei e Fermi hanno in comune l’aver dato contributi illuminanti alla comprensione e alla scoperta di interazioni fondamentali, rispettivamente l’interazione gravitazionale e l’interazione nucleare debole, ma li accomuna anche il fatto di avere subito in determinati e difficili periodi storici le conseguenze delle loro scoperte. Per Galilei, di quelle sul moto dei pianeti intorno al Sole, per Fermi, di quelle sui neutroni lenti e la pila nucleare, con la sua partecipazione al progetto Manhattan. Evidentemente è per questo che si è voluto dimenticare Fermi. La nascita del centro di fisica a Roma che porta il suo nome, in via Panisperna, è un atto voluto per restituire la giusta memoria e il giusto onore a un personaggio straordinario che ha trascorso in Italia metà della sua vita.
Extreme Energy Events - La Scienza nelle Scuole consiste in una speciale attività di ricerca del Centro Fermi, in collaborazione con il CERN, l'INFN e il MIUR. Di che si tratta esattamente?
Come accennato prima, Extreme Energy Events (EEE) – La Scienza nelle Scuole è un progetto ideato da Antonino Zichichi nel 2004 per coniugare la ricerca più avanzata con la promozione della cultura scientifica tra i giovani. Si tratta di un'attività di ricerca innovativa che ha l’obiettivo di rivelare la componente muonica che giunge al suolo degli sciami atmosferici di grande energia, in particolare quelli generati da raggi cosmici che necessitano di apparati di rivelazione molto estesi per essere studiati. Da qui l'idea di coinvolgere gli istituti scolastici: l'aspetto innovativo del progetto consiste nel ruolo primario assegnato a studenti e docenti delle scuole coinvolte all'interno delle quali sono stati installati dei rivelatori di raggi cosmici (“telescopi”) estremamente sofisticati, costruiti e poi messi a punto direttamente dagli studenti. Ogni telescopio è costituito da tre camere MRPC (Multigap Resistive Plate Chambers) costruite da squadre di docenti e studenti affiancati dai ricercatori, in laboratori messi loro a disposizione presso il CERN così da renderli protagonisti dell'intera procedura. I rivelatori vengono poi trasferiti nelle scuole, dove sono montati in telescopi, la cui manutenzione e controllo della presa dati sono nuovamente compito degli studenti assistiti dai loro insegnanti. I dati raccolti sono trasmessi in tempo reale presso il centro di calcolo del CNAF dell'INFN a Bologna e qui ricostruiti e resi disponibili ai ricercatori, docenti e ragazzi coinvolti nel progetto. Attualmente il progetto EEE consta più di 60 telescopi installati in altrettante scuole su tutto il territorio italiano, comprese le isole, campionando così una superficie di quasi mezzo milione di chilometri quadri per studiare coincidenze tra sciami di muoni cosmici a centinaia di chilometri di distanza. Ogni anno sono organizzate conferenze di progetto che prevedono la partecipazione degli studenti e dei docenti delle scuole.
Qual è il ruolo della divulgazione scientifica oggi, in un’epoca definita “della conoscenza”?
Quando i fisici uscirono dalla “Torre d'Avorio” e cominciarono a pubblicare articoli sui giornali in cui cercavano di spiegare le loro ricerche alla collettività erano guardati inizialmente con sospetto, anche dai colleghi. Oggi la situazione è cambiata molto, per fortuna. Attraverso un linguaggio comprensibile ai non addetti ai lavori, la scienza deve riuscire in maniera profonda ma allo stesso tempo leggera a comunicare a tutti, condizione essenziale per allargare la platea degli interlocutori e creare partecipazione. Sartre affermava che sono le parole a creare gli oggetti, oggi questa apertura della cultura scientifica a differenti linguaggi e modalità di rappresentazione costituisce una risorsa collettiva per aumentare la fiducia nella conoscenza e colmare il gap esistente con la società. Superare questa distanza è uno degli obiettivi del Centro Fermi che accoglie scolaresche e cittadini con formazioni differenti. Nel Museo le conquiste scientifiche e le ricerche di Enrico Fermi sono presentate in modo da essere fruibili dal grande pubblico, compresi i giovanissimi, combinando in maniera innovativa oggetti e pannelli tradizionali con prodotti multimediali, filmati e sonori, sempre attraverso l’uso di un linguaggio semplice ma allo stesso tempo rigoroso. Ecco, la divulgazione della scienza è una sfida dalla quale non ci si può esimere.
Qual è per Lei il ruolo della creatività nella scienza?
Senza creatività non c'è scienza! Bisogna avere immaginazione, dall'immaginazione e dalle idee nasce la creatività. La scienza e l’arte ne hanno entrambe bisogno: accade spesso che gli artisti riconoscano che la loro opera sia frutto di ricerca così come di frequente gli scienziati rivendicano il ruolo di immaginazione e intuizione nel loro lavoro.
Qual è stata la persona più importante nel Suo percorso professionale?
Sicuramente il Professore Antonino Zichichi, famoso al CERN anche per essere uno dei pochi capigruppo, al tempo, ad accogliere giovani donne. Ha sempre creduto fermamente nelle qualità femminili, come per esempio l’essere multitasking, allo stesso tempo era molto attento alle necessità di chi era in maternità, dando tutto il supporto necessario per conciliare attività lavorativa e “cura della specie”. Ecco, erano gli anni Ottanta e mi fu di grande aiuto avere a disposizione un terminale di computer a casa, collegato con il centro di calcolo del CERN, da cui poter lavorare… questa grande sensibilità lo ha reso, in questo senso, un precursore. Ricordo con emozione anche la Professoressa Ida (Ducci) Ortalli, venuta purtroppo a mancare nel 2017. Professore ordinario all’Università di Parma, ha occupato un posto da protagonista nel campo della fisica medica. Era intelligente, simpatica, allegra, bellissima, elegante, piena di fascino e dalla forte personalità. Mi ha aiutato moltissimo nelle attività della Società Italiana di Fisica che, per onorarne la memoria, a partire dal 2017 le ha intitolato uno dei suoi premi per giovani ricercatori al femminile.
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