Newsletter n.3
Monitorare lo stato di salute del nostro pianeta con i satelliti: intervista a Simonetta Cheli, Direttrice dei Programmi di Osservazione della Terra del Centro Esrin
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- Scritto da Francesca Pezzella
Una lunga carriera presso l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), oggi è la prima donna a capo dei programmi di Osservazione della Terra alla guida del centro Esrin di Frascati: stiamo parlando della dott.ssa Simonetta Cheli, questo mese ospite d’onore del nostro salotto virtuale. Per comprendere perché il settore del telerilevamento è considerato strategico per il nostro Paese e per il futuro del pianeta, le abbiamo posto alcune domande sul tema, alle quali ha risposto dal suo punto di vista privilegiato.
Dott.ssa Cheli, dagli studi giuridico-economici della Yale University alle osservazioni spaziali dell’ESA c’è tanta strada. Ci può raccontare l’origine del suo coinvolgimento nello Spazio?
Già dal liceo nutrivo una particolare attenzione verso i rapporti internazionali, interesse che mi ha portata a studiare con passione le lingue straniere, oggi ne parlo cinque. Appena mi è stato possibile, sono diventata sostenitrice e volontaria di alcuni organismi e organizzazioni internazionali, come Amnesty International, il Consiglio D’Europa e l’UNESCO.
Durante gli anni dell’università ho studiato Diritto ed Economia all’Università di Yale e successivamente mi sono laureata in Scienze politiche, con specializzazione in Diritto internazionale, presso l’Università “Cesare Alfieri” di Firenze.
In quel periodo ho redatto una tesi di diritto internazionale delle telecomunicazioni spaziali, che mi ha portata a condurre delle ricerche presso le Nazioni Unite, a New York. Al termine degli studi ho lavorato un periodo a Bruxelles, presso la Commissione Europea nel Gabinetto del Commissario all’epoca responsabile della cultura, l’audiovisivo e le telecomunicazioni. Dopo questa esperienza sono entrata in ESA, dove lavoro da trent'anni; ho ricoperto diversi ruoli all’interno della Direzione dei Programmi di Osservazione della Terra, tra cui quello di Capo dell’Ufficio Strategia, Programma e Coordinamento, Responsabile Ufficio Coordinamento e Responsabile dell’Ufficio Relazioni Pubbliche e Istituzionali.
Nel suo prossimo ruolo, come cittadina del pianeta Terra, c’è una sfida che più di altre desidera realizzare?
Sicuramente una sfida molto importante, nel mio piccolo, è quella di fornire dei contributi rispetto al tema della crisi climatica. Oggi lo Spazio è uno strumento essenziale a supporto di questa problematica, a questo credo fortemente. Credo anche nella necessità di unire il mondo scientifico - tecnologico con quello politico, che si occupa della messa a punto delle normative, garantendone il rispetto.
Lo Spazio oggi è già impiegato per monitorare l’implementazione di accordi come quello di Parigi sul contenimento della temperatura o sul monitoraggio di CO2 di origine antropogenica. I satelliti, infatti,i possono fornire informazioni essenziali per comprendere lo stato di salute del nostro pianeta.
Attraverso essi è possibile registrare la temperatura terrestre così come l’innalzamento dei mari, la situazione delle coperture delle foreste e lo scioglimento dei ghiacci. I nostri satelliti scandagliano oceani, atmosfera, venti e ghiacci, aiutandoci a raccogliere informazioni in maniera super partes.
Uno dei miei ruoli sarà quello di assicurare la facile reperibilità dei dati raccolti, in modo da renderli fruibili a tutti coloro che ne manifestino il bisogno, così da poter essere utilizzati al meglio.
Nella nostra quotidianità siamo immersi nei traguardi delle ricerche spaziali (uno per tutti, il GPS). Dal suo osservatorio privilegiato si vede la “prossima frontiera” dello spazio?
Nel mio settore, quello dell’ambiente, del telerilevamento, della meteorologia e del clima, la prossima frontiera sarà quella di utilizzare i dati a nostra disposizione integrando la tecnologia digitale, come l’intelligenza artificiale e il machine learning. Ciò al fine di consentire un processamento rapido dei dati disponibili e un sempre più agevole accesso dell'utente finale ad essi.
In tal ambito abbiamo recentemente avviato una iniziativa che ha l’obiettivo di ricostruire, attraverso l’analisi e il processamento di grossi volumi di dati, modelli di previsione sul clima e sui disastri naturali.
L’obiettivo, quindi, non è solo quello di comprendere lo stato del nostro pianeta oggi: vogliamo contribuire, attraverso i nostri dati, a proiezioni future su tematiche specifiche.
Le osservazioni della Terra dallo Spazio sono importanti anche per chi, come l’INGV, studia il “cuore” del pianeta. Il Centro di Osservazioni Spaziali della Terra dell’INGV, infatti, è la struttura dedicata alla pianificazione e al coordinamento delle attività inerenti lo spazio e l'aerospazio nei settori di interesse dell’Istituto, Terremoti, Vulcani e Ambiente. C’è un evento naturale che, visto dallo Spazio, l’ha particolarmente affascinata?
Collaboriamo con l’INGV da molti anni e una delle attività che mi ha particolarmente colpita è stata il monitoraggio dell’Etna dallo Spazio, in occasione delle recenti eruzioni. Si tratta di fenomeni che suscitano un grande impatto.
Anche in occasione dell’eruzione del vulcano Cumbre Vieja, di La Palma, gli “occhi” di Sentinel-2 hanno registrato l’accaduto, e i dati raccolti sono stati messi a disposizione delle autorità e della comunità scientifica. Questi, di fatto, si sono rivelati di estrema utilità per comprendere il percorso della lava e aiutare le autorità spagnole a coadiuvare le operazioni di evacuazione.
Dal suo punto di vista privilegiato, come percepisce la partecipazione della ricerca pubblica italiana nei nuovi programmi spaziali europei?
Tradizionalmente era il Ministero della Ricerca e dell'Università il referente dell’Agenzia Spaziale Italiana ASI e per l’ESA in Italia, oggi il comparto è molto più ampio e si lavora attraverso una struttura che raggruppa 12 ministeri sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lo Spazio oggi, ha una forte valenza strategico - politica, oltre che scientifica.
In Italia sono diversi i ministeri, e quindi i settori di competenze, che collaborano nell’attività spaziale e con l’ESA.
Non è un caso che ESRIN si trovi a Frascati, Questa città. infatti, rappresenta in Italia, insieme a Roma, un polo di ricerca dove sono presenti enti nazionali come l’ENEA, con cui lavoriamo da anni per l’utilizzo del dato satellitare, l’INFN con cui collaboriamo per il trasferimento di grossi volumi di dati e d’archivio, senza dimenticare le attività portate avanti con l’Osservatorio di Monte Porzio e l’Agenzia Spaziale Italiana.
La rete tra ESA e il mondo accademico italiano è molto fitta. L’Agenzia, infatti, collabora nel settore del telerilevamento con le università di Bologna, Padova, Milano e Napoli. Penso che la stretta collaborazione tra ricerca e settore accademico sia fondamentale; inoltre il mondo scientifico beneficia tantissimo del fatto che i dati siano totalmente open.
Nella sua carriera è stata anche Responsabile della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali dell’Esrin di Frascati. Comunicare la scienza è fondamentale. Ma è altrettanto fondamentale farlo bene perché una “cattiva comunicazione” può avere molteplici ripercussioni negative. Qual è il consiglio che, più di tutti, si sente di dare ai comunicatori della ricerca scientifica?
Sicuramente per comunicare bene la scienza bisogna utilizzare un linguaggio semplice, mettendo al primo posto l’interlocutore, avendone ben chiare le caratteristiche. Questo vale anche quando si parla di temi complessi, come quelli spaziali: il linguaggio deve sempre essere adeguato al pubblico a cui ci si rivolge. Oggi abbiamo a disposizione moltissimi canali, tra questi la stampa tradizionale, i siti web, i social media. Questo significa avere una varietà di strumenti e di prodotti a disposizione che, se ben utilizzati, permettono di raggiungere un ampio bacino di persone, tra cui i giovani.
Per concludere, la presenza femminile negli ambiti scientifici delle materie STEM è ancora intorno al 20%. Il Premio Nobel vede la presenza femminile in percentuale bassissima. Nonostante le azioni di promozione a livello internazionale, pensiamo ad esempio alla Giornata mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza, questo indice stenta a salire. Secondo Lei cosa occorrerebbe per spingere il rapporto numerico verso l’equilibrio?
Credo che si debba partire dalle basi, cioè dalle scuole e dalle università.
Bisogna cercare di avvicinare e incoraggiare le ragazze ad avvicinarsi agli argomenti STEM, anche attraverso l’organizzazione di giornate di informazione.
Sicuramente negli ultimi anni c’è un trend positivo in questo senso. In Esa oggi le donne manager sono circa il 30%, un numero in linea con quello degli altri organismi internazionali con cui collaboriamo.
Inoltre nell’ultima selezione di astronauti, un partecipante su quattro era donna: una presenza femminile molto più alta rispetto al passato. I modelli femminili in ambito spaziale oggi sono maggiormente presenti ed è più facile per una giovane immaginarsi in determinati ruoli; ma la motivazione deve essere stimolata fin dall’inizio, dalla scuola, proprio quando si cominciano a proporre le materie STEM.
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