Uno studio ha individuato la relazione tra i cambiamenti climatici e la gravità dei picchi di Acqua Alta nella città lagunare, analizzando anche il contributo offerto dal MoSE nella protezione della Serenissima
Una ricerca recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista ‘Nature Climate Atmospheric Science’ ha evidenziato il legame esistente tra i cambiamenti climatici in atto e l’aumento del numero e della gravità dei fenomeni di Acqua Alta a Venezia, rilevando inoltre l’efficacia del sistema di adattamento MoSE in termini di costi e benefici. Lo studio, realizzato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con il Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi (CNRS) e l’International Centre for Theoretical Physics di Trieste (ICTP), ha analizzato quattro eventi eccezionali di Acqua Alta che hanno interessato la città lagunare nel 1966, 2008, 2018 e 2019, danneggiando gravemente il patrimonio culturale ed economico di Venezia e minacciando luoghi iconici come la Basilica di San Marco. “I risultati che abbiamo ottenuto hanno evidenziato chiaramente il legame esistente tra le modifiche nella circolazione atmosferica e l'aumento della gravità degli eventi di Acqua Alta, sottolineando la crescente vulnerabilità di Venezia ai cambiamenti climatici”, spiega Tommaso Alberti, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio. “In particolare, abbiamo rivolto la nostra attenzione al MoSE, l’infrastruttura progettata per proteggere la città dalle inondazioni, che si è dimostrato efficace in termini di costi e benefici per contenere gli effetti dell’Acqua Alta e il progressivo aumento del livello marino causato dal riscaldamento globale, che a Venezia viene accelerato anche dal fenomeno della subsidenza”. Capire con discreta certezza la relazione tra eventi climatici ed eventi calamitosi è fondamentale per la tutela del patrimonio sociale, economico e culturale delle aree abitate. Tutte le politiche di protezione del territorio devono poter contare su dati scientifici con congrue previsioni, altrimenti si andrebbero a determinare allarmi non giustificati o (ancor peggio) mancati allarmi. “Il nostro obiettivo a lungo termine resta quello di comprendere sempre meglio gli impatti di aumento del livello marino a Venezia, anche in condizioni di fenomeni estremi, per valutare i possibili scenari attesi nei prossimi anni e contribuire in modo proficuo al dibattito sullo sviluppo di strategie sempre più efficaci di mitigazione, adattamento e resilienza che i cambiamenti climatici e la subsidenza impongono in questa città patrimonio dell’UNESCO”, conclude Marco Anzidei, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio. La ricerca costituisce un tassello importante per migliorare la comprensione delle cause e degli effetti legati agli eventi climatici estremi nelle città costiere, fornendo una solida base per attuare ulteriori azioni di monitoraggio e ricerca.
Figura: Rappresentazione schematica dei rischi per la laguna di Venezia. La relazione tra il livello del mare e l'area allagata in funzione dei danni stimati (cerchi colorati). Le linee orizzontali tratteggiate e puntinate in nero indicano livelli significativi di allagamento corrispondenti all'inondazione di Piazza San Marco (120 cm), al livello in cui sono necessarie passerelle per attraversare la piazza (140 cm) e al livello in cui l'acqua entrerà nella Basilica di San Marco (160 cm). La linea tratteggiata rossa indica il livello raggiunto dall'evento del 04/11/1966 noto come "Grande Alluvione di Venezia" e studiato in questo lavoro. L'inserzione mostra la posizione delle due stazioni mareografiche utilizzate per valutare i livelli del mare nella laguna (Punta della Salute, cerchio giallo) e all'esterno (Piattaforma, cerchio bianco). I cerchi rosa indicano invece la posizione delle barriere MoSE alle tre bocche di ingresso (Diga Nord, Malamocco e Diga Sud).